IL PASTORELLOCinque anni or sono conobbi un ragazzetto soprannominato Coeddu1, nome che si d anche al diavolo, il quale, come sapete, vien rappresentato con una piccola coda attortigliata un po al di sotto della schiena. Coeddu aveva infatti il colore dei diavoletti, bench sulla sua faccia apparissero i segni di tutte le razze umane: aveva il naso camuso di un etiope, gli occhi obliqui di un giapponese, la bocca fina e sarcastica dun americano del nord, e lespressione intelligente dun ragazzetto sardo, anzi nuorese autentico. Egli abitava poco distante da casa nostra, e spesso lo incaricavamo di qualche piccola commissione. Egli volava, ma una volta compiuto il suo dovere, si sedeva per terra e stava ore ed ore immobile, indolente; se per qualcuno lo interrogava cominciava a chiacchierare e non la finiva pi. Una mattina lo trovai seduto sotto lelce del nostro orto; seduto a gambe in croce, immobile come un piccolo arabo allombra di una palma; con gli enormi piedi nudi trafitti da innumerevoli spine e da pezzetti di vetro; i capelli crespi coperti di polvere e di pagliuzze. Vai a scuola? gli domandai. S egli rispose, sollevando gli occhi furbi verso di me. Sono il primo della classe; devo passare in terza e avr anche il premio. Bravo! Vuol dire che ti piace studiare. No, mi piace pi fare il pastore, perch i pastori dormono di giorno, quando fa caldo, e vegliano di notte, quando fa fresco. Eh, ma dinverno? Dinverno accendono un gran fuoco, arrostiscono una pecora intera e se la mangiano! E tu adesso, cosa mangi? Pane dorzo. Sempre? Sempre pane. Tua madre non cucina? Mia madre fa la serva e torna a casa soltanto la notte. E tuo padre? Mio padre scappato; andato in America e ci ha spiantato. Egli voleva dire piantato ma in quel momento, in bocca a quel ragazzetto robusto e intelligente buttato l per terra come una pianticella appena divelta, la parola era giusta. Tuo padre scriver, qualche volta, per; e tu gli risponderai. Io? egli disse con fierezza. Mai! Io non avr bisogno di lui. Far il pastore, e trover un tesoro fra le roccie, s, uno di quei tesori nascosti dai giganti e vigilati dal diavolo. S, io conosco i posti, perch spesso vado sul Monte per raccogliere fasci di legna, che poi porto al Molino. Persino due lire di legna porto, io, tutto in una volta. Io sono forte: basta che scuota un albero per farlo cadere. Io prendo i falchi a volo. Io so imitare la cornacchia, la volpe, tutti gli animali. Vuol vedere? Un giorno ho battuto la scure su una roccia ed ho sentito un rumore di monete. Drin, drin, drin, drin. Segno che l cՏ un tesoro. Anche mio zio Mauro, che pastore, sa dovՏ questo tesoro, ma io non dir a nessuno dovՏ il punto preciso da lui indicatomi. No, non lo dir; non son una spia, io Le spie, prosegu, vengono sempre castigate. Quando si sa un segreto bisogna tacere. Gli altri ragazzi miei compagni non sanno tenere un segreto, e se vedono uno far del male subito vanno ad accusarlo a qualcuno. Io no; n spia n ladro. Forse che voi mi avete mai trovato a rubare le albicocche e i fichi, nel vostro orto della Concia? Chiss, chiss? No, vi giuro, mai! egli grid, incrociando le braccia sul petto in segno di giuramento. Sono gli altri ragazzi, che rubano. Cosa mi dai che ti dico i loro nomi? Come, se tu non fai la spia?Egli mi guard in viso, senza turbarsi, ma non rispose.Lo stesso giorno ebbi occasione dincontrare la madre, una povera donna magra e gialla, e le domandai come si comportava suo figlio. Non me ne parli, sennra Grassia; cattivo non , ma tanto birichino che il maestro, disperato, gli voleva dare una lira perch non tornasse a scuola. Io lo mando a raccattare legna e lui invece butta la cordicella ai rami e fa laltalena. Ho scritto al padre perch, almeno, lo faccia andare con lui in America e gli insegni a lavorare.Saputo che sua madre voleva mandarlo in America, Coeddu divent ancora pi selvatico e diffidente. Egli non voleva saperne, di civilt: non voleva viaggiare, bastandogli le esplorazioni sul Monte Orthobene, dove sperava sempre di ritrovare il tesoro. La madre, una mattina ai primi di agosto, gli fece vedere una lettera e gli disse: Bada, ragazzo, tuo padre scrive dallAmerica e acconsente a prenderti con lui. Appena avr i denari per il tuo viaggio me li mander.Coeddu si mise a piangere, si butt per terra, e grid: S, ditegli che li mandi, i denari: comprer le pecore e far il pastore. Lavorer, s, lavorer. Datemi la cordicella; da oggi porter tutti i giorni un fascio di legna al MolinoLa madre, intenerita, gli diede la cordicella e un tozzo di pane da soldato2, ma egli voleva il pane bianco, e poich in casa non ce nera, la povera donna dovette andare da una sua vicina a farselo prestare.E il ragazzo part, deciso a far di tutto pur di non andare in America; ma cammin facendo raggiunse due piccoli mendicanti che ogni mattina salivano sullOrthobene per chiedere lelemosina ai villeggianti accampati attorno alla chiesetta della Madonna del Monte, e sent che uno diceva: Oggi certo mangeremo maccheroni conditi con sugo di pollo.Laltro si leccava le labbra sporche e schioccava la lingua contro il palato. Oggi certo mangeremo pere, di quelle gialle, farinose come le patateSulle prime Coeddu si beff di loro; poi domand pensieroso: Chi vi d queste cose buone? Le serve, lass. Noi portiamo loro le legna e in cambio riceviamo tante cose buone.La strada era ripida, polverosa: ma arrivati in alto i tre ragazzetti videro il mare, tutto color doro, con un monticello azzurro davanti, e sentirono fresco come se la spiaggia fosse l vicina. Intorno alla chiesetta sorgevano tende e capanne; fanciulle vestite di giallo e dazzurro vagavano nel bosco, piccole, sotto gli elci secolari e le roccie enormi, come farfalle variopinte.Avvenne che anche Coeddu fu creduto un mendicante: una serva bruna, dal viso olivastro e gli occhi colore di miele, bella come una Samaritana, lo incaric di andare a raccattare un po di legna nel bosco, per cuocere i maccheroni; e poi gli fece parte di questi. Egli dimentic che doveva portare le legna al Molino; sindugi per assistere ai giochi dei bambini villeggianti che cercavano la tana delle biscie. Si udiva il lamento di un violino, e pareva che gli alberi mormorassero per accompagnare quel suono simile ad una voce umana; le serve accovacciate entro le capanne basse, preparavano il caff cantando anche loro una nenia melanconica.Coeddu non pensava pi allAmerica e al tesoro, quando dun tratto vide un uomo alto, dal viso scuro circondato duna folta barba rossiccia, salire la china, seguito da un agnellino nero e da una cagna bianca. Ziu Mauru! Siete voi? grid correndogli incontro.S, era proprio suo zio, che aveva lovile poco distante dalla chiesetta e veniva a portare il latte ai villeggianti. Zio Mauru era un uomo semplice: ecco perch a cinquantanni era ancora servo: ed ecco anche perch, invece di sgridare il nipotino, vedendolo lass, cominci a chiacchierare con lui come con un uomo serio, dandogli ragione a proposito del viaggio in America. Anche lui non era mai uscito dal circondario di Nuoro. Coeddu lo accompagn fino allovile, che consisteva in una capannuccia di frasche; vide fra gli alberi come un muricciuolo bianco e nero; ma dun tratto quel muro si apr, si sciolse, cambi posto; erano le pecore che dormivano ammucchiate, e alla frescura della sera si svegliavano e si mettevano a pascolare in fila.Coeddu, incantato, sedette davanti alla capanna mentre lagnellino nero succhiava il latte dalla cagna, e ziu Mauru raccontava la storia di un bandito che teneva sempre appesa al collo una moneta del tempo degli Ebrei, spesa da Ges, e perci non era mai stato colpito da palla nemica, n colto dalle febbri n dal carbonchio.Tanto era il fascino provato da Coeddu che egli fin per addormentarsi: anche nel sonno vedeva la luna cadere sullorizzonte, rossa come un corno di corallo, udiva ancora il violino lontano lontano, come la voce di una fata; distingueva il brucare delle pecore, lo scricchiolo degli steli dasfodelo che si spezzavano sotto i loro denti; e sopratutto sentiva la musica dolce e monotona delle loro campanelle simile ad un tintinnio di bicchieri di cristallo battuti da un coltello.Lindomani i piccoli mendicanti, che la sera prima erano ridiscesi a Nuoro, gli dissero: Tua madre arrabbiata come un verro; appena torni ti manda in America. Ed io me ne sto quass! egli rispose.La serva Samaritana lo mandava a prendere il latte, lacqua, le legna, intanto che lei discorreva con uno studente: e per compenso Coeddu riceveva enormi piatti di maccheroni, di risotto, avanzi di pernici e code e teste di trota, pere che cominciavano a guastarsi, cetrioli e pomodori conditi con olio, aceto, pepe e sale. Una sera egli sent forti dolori di pancia e sogn che un cane gli mangiava le viscere. Non sapeva perch si sentiva triste: i piccoli mendicanti provavano gusto a tormentarlo, portandogli terribili ambasciate da parte di sua madre; e per placare la povera donna egli pensava di mettersi con coraggio alla ricerca del tesoro. Un giorno prese dunque la scure di zio Mauru e cominci a vagare per il bosco, fermandosi di tanto in tanto per frugare fra le roccie alte e deserte, e battere il ferro sul granito che qualche volta tintinniva come il cristallo. Arriv cos in un posto solitario ed orrido, dove le roccie avevano aspetti strani, di cavalli con la testa duomo, di rane, di pesci, di serpenti: il silenzio che le circondava le rendeva pi misteriose. Invano egli, per farsi coraggio, imitava il grido ed anche il muover delle ali della cornacchia: qualche cornacchia vera rispondeva, ma invece di rianimarsi, egli sentiva crescere il suo terrore. Tuttavia procedeva, riconoscendo il posto dove, secondo raccontava ziu Mauru, un vecchio pastore aveva ritrovato un tesoro, cio un mucchio di monete doro che il fortunato uomo, pazzo di gioia, sera affrettato a mettere entro il suo fazzoletto gridando: Diavolo, questa volta son ricco! Ma immediatamente, entro il fazzoletto le monete serano cambiate in pezzetti di carbone!Coeddu per, deciso a non fiatare, e sopratutto a non invocare il diavolo, che nel sentire il suo nome tramuta le monete in carbone, procedeva cauto, silenzioso, anche perch aveva paura delle biscie, che hanno la coda dargento e sferzano e tagliano la faccia a chi le molesta.Roccie e sempre roccie: fra gli alberi contorti, simili a mostri dalle cento braccia, si vedeva il mare, ed i monti di Oliena parevano di neve azzurrognola; ma dun tratto lorizzonte si chiuse; il ragazzetto si trov come in un cortile circondato da muraglie ciclopiche, e il cielo, in alto, apparve dun azzurro intenso, quasi oscuro come al cader della sera. Qua e l fra le roccie si vedevano larghe e profonde buche, e da una di queste, dimprovviso, usc un sibilo come quello di un treno che sbuca da una galleria. Un sudore gelato, un pallore mortale coprirono il viso di Coeddu: egli si butt a sedere su una pietra e strinse le labbra per non gridare; gli parve che la muraglia di roccie si movesse stranamente attorno a lui, e che il cielo diventasse ancora pi scuro; prov un capogiro, sollev gli occhi e vide tre giganti nudi saltare di roccia in roccia e avvicinarsi a lui. Allora diede un grido e svenne.Zio Mauru lo trov lass, steso al suolo come morto. Lo port al suo ovile, poi in paese, e fu chiamato un prete che lesse il Vangelo per scacciare i fantasmi ondera tormentato linfelice ragazzo. Ma egli continu a delirare ed a parlare di giganti e di diavoli; allora fu chiamata una donna, che vers sette goccie dolio di lentischio e mise sette piccole brage entro un bicchiere e cos, preparata lacqua dello spavento la fece bere al malato, che vomit ma continu a delirare. Finalmente fu chiamato il medico. una forte gastrica egli disse: e ordin che Coeddu prendesse tre purghe.Gli anni sono passati. Coeddu ha trovato il tesoro senza cercarlo oltre, perch suo padre gli ha mandato tremila lire dallAmerica, ed egli ha comprato quaranta pecore ed un cane; adesso ha quindici anni e pi che mai desidera di non lasciare la montagna nata, convinto di aver veduto ci che, anche a girare tutto il mondo, non si vede pi: i giganti.Lo rividi pochi giorni or sono: seduto sulle pietre del varco della tanca3 egli mangiava il suo pane dorzo e guardava le pecore a pascolare.La pace del crepuscolo luminoso si rifletteva nei suoi occhi; i suoi denti scintillavano come le foglie degli elci, la sua figurina grigia e nera si confondeva con lo sfondo del paesaggio, fra le roccie di granito ed i tronchi scuri degli alberi. Cos egli formava come una parte stessa del luogo solitario e grandioso; e quando mi raccontava la sua avventura io ero tentata di credergli. Chiss? Forse i giganti esistono davvero, nel misterioso mondo delle montagne; sono essi che accumulano le roccie e coltivano le quercie sempre rigogliose e fresche. Ma noi, abitanti delle citt, non li vediamo perch essi si nascondono al nostro apparire. Essi forse hanno paura di noi come noi abbiamo paura di loro.1Codino.2Pane nero.3Vasto pascolo chiuso da muriccie a secco.------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------